Guidi-Petrella-Sclavis-Cleaver - Ida Lupino (2016)

Un disco per Ida Lupino, Gato Barbieri e i morti di Reggio Emilia. Sono queste le tre dediche che spiccano nell’album, intitolato appunto “Ida Lupino”, realizzato per l’etichetta ECM dal pianista Giovanni Guidi e dal trombonista Gianluca Petrella, in quartetto con Gerald Cleaver alla batteria e Louis Sclavis ai clarinetti.

In tempi non sospetti, in un’intervista del marzo 2015, Gianluca Petrella parlò di questo progetto, appena registrato, ponendo l’accento sul fatto che il duo col sodale Giovanni Guidi era quello che aveva più risalto, il più collaudato e che stava facendo il miglior percorso di sviluppo. Uno sviluppo che, grazie anche al volere del produttore dell’ECM Manfred Eicher, “personalità molto forte, di quelle che riescono a cogliere le qualità dei musicisti che hanno davanti”, così lo definì il trombonista, ha portato i due italiani a collaborare con l’americano Gerald Cleaver, già batterista del quintetto di Guidi, “un nero di Detroit che viene dall’area improvvisativa newyorchese e ha un suono fantastico”, e il francese Louis Sclavis, “di matrice ovviamente più europea, ma anche lui un grande musicista e un maestro della musica improvvisata e non”. Le definizioni sono dello stesso Petrella, ma non si possono non condividere per esattezza e puntualità. Il disco in esame n’è la prova.

Quello che però non veniva fuori da quell’intervista, e che invece salta agli occhi appena si ha fra le mani questo Cd, sono le dediche in scaletta. Poste graficamente al centro, fra l’altro, così da essere colte all’istante. La prima riguarda l’affascinante e carezzevole composizione di Carla Bley che dà pure il titolo all’album, Ida Lupino, dedicata all’omonima attrice e filmaker inglese, e che rimanda sia alla sua autrice, fresca ottantenne e straordinaria bandleader, oltre che sofisticata compositrice, sia al suo maggiore interprete, Paul Bley, pianista, scomparso ad inizio 2016, il quale ha influenzato tanti peculiari improvvisatori (fra cui, ovviamente, Guidi) e registrato spesso questo pezzo, specie in solo, nello storico “Open, to Love” del 1973, anch’esso per la ECM.

La seconda dedica spetta al cantautore torinese Fausto Amodei e alla sua canzone di protesta Per i morti di Reggio Emilia, resa qui in maniera folk-etno-freejazz, un po’ come faceva con pezzi simili Charlie Haden nella sua Liberation Music Orchestra o anche Jan Garbarek con Hasta Siempre dedicata a Che Guevara, ossia estrapolandola dal contesto politico ma rendendola comunque in tutta la sua vividezza artistico-sociale. La terza citazione concerne Gato Barbieri, deceduto pure lui lo scorso anno (un annus horribilis), e che in Gato! risplende in tutta la sua panamericana e paneuropea coloritura di suggestione terzomondista.

Il resto del Cd conferma un bellissimo amalgama di suoni, fra il rugiadoso e convogliante piano di Guidi e il suadente e straniante trombone di Petrella, in dialogo costante e fruttuoso, sia per le tinte che per le linee intessute, con la batteria smussata e cangiante di Cleaver e i clarinetti evocativi e glocalizzanti di Sclavis. Si ascoltino, al riguardo, What We Talk About When We Talk About LoveJust Tell Me Who It Was, Jeronimo, La Terra, No More Calypso?, Rouge Lust, Things We Never Planned, Fidel Slow, Hard Walk, Zweig, The Gam Scorpions, non a caso a firma condivisa, dai due italiani e a volte anche dai loro ospiti.

Insomma, un disco alla pari, in tutti i sensi, specie negli intrecci fra jazz italiano, europeo e americano, sempre più sfumature dialettiche di una stessa meticciata lingua.

Marco Maimeri

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