Chihiro Yamanaka - Monk Studies (2017)

Quanto sono belle e quanto sono ancora attuali le composizioni di Thelonious Monk. Specie se proposte e arrangiate da una pianista dotata di spiccata creatività come Chihiro Yamanaka, in questo disco Blue Note presente anche a sintetizzatore, Fender Rhodes, organo Hammond B-3, nonché coadiuvata da Mark Kelley al basso e Deantoni Parks alla batteria. Trio che solo sulla carta è la formazione più scarna, essenziale ed esaustiva per siffatta artista.

In repertorio, da cui il titolo dell’album che parla appunto di “Monk Studies”, studi monkiani, sette brani di Thelonious (Pannonica, Misterioso, In Walked Bud, Rhythm-A-Ning, Ruby My Dear, Criss Cross, Hackensack), uno dell’inglese William Henry Monk – non sono parenti ma è come se lo fossero, visto il successo dell’arrangiamento dell’inno sacro Abide With Me realizzato dal pianista americano e qui riproposto, non a caso, proprio sotto quella veste – e tre della stessa Yamanaka (Heartbreak Hill, Nobody Knows intrecciato a MisteriosoNew Days New Ways).

 

Paragonata da molti a Oscar Peterson, per la vigoria del tocco e l’anima black, questa pianista giapponese ma ormai di stanza a New York, per riassumere un po’ quello che dice di lei la critica, lascia sempre tutti a bocca aperta, tanto per la tecnica virtuosa, mai sterile ma costantemente espressiva circa ciò che vuole dire suonando, quanto per la sua immaginazione, apparentemente infinita soprattutto riguardo le possibilità musicali del piano trio. E questo progetto discografico dedicato a Monk conferma in pieno tali premesse, ma ovviamente va anche oltre, giacché un artista, un artista vero, non si ferma mai a riproporre propri punti di riferimento ma semmai li evolve e li personalizza, e qui questo avviene sia per Peterson sia per lo stesso Monk, dandoci un’immagine di Chihiro più tonda, precisa e genuinamente peculiare.

 

Non a caso l’album si apre con un brano originale, Heartbreak Hill, arrembante e ardimentoso come la sua autrice, tirato a mille grazie anche all’incisiva dinamicità del bassista e alla spumeggiante vitalità del batterista, seguito da Pannonica, più o meno sulla stessa linea, con in più però graziosi interventi di Fender Rhodes. Si tratta di un jazz assolutamente moderno che, seppur rende omaggio e affronta composizioni di metà secolo scorso, lo fa trasportandole – data l’attualità sempreverde della scrittura monkiana – nella contemporaneità, sia a livello di linguaggio sia di sonorità. Inoltre, non sarebbero dispiaciuti – credo – a un Sun Ra certi pezzi e certi arrangiamenti.

 

A conferma, il successivo Nobody Knows/Misterioso, suddiviso in fase esecutiva e d’ascolto fra orecchio sinistro, centro e orecchio destro, con ai lati sovra-incisioni di fraseggi e note singole del piano, e in mezzo aggrovigliate e catramose soluzioni elettroacustiche del trio. Era dai tempi di “Monk'n'Roll” (CAM 2013) del Francesco Bearzatti Tinissima 4et che non si ascoltavano certe ardite riletture e attualissimi, appunto, medley monkiani. New Days New Ways riprende le atmosfere di Pannonica, ma stavolta ad arricchire il tutto c’è l’organo Hammond B-3 dell’autrice. Irrefrenabili, al solito, basso e batteria. Arduo stare appresso, dando forma e sostanza efficaci, alle vorticose idee dell’artista nipponica. Bravi Kelley e Parks, sempre sul pezzo, rapidi e reattivi.

 

In Walked Bud gode di una manipolazione simile a quella operata su Misterioso, con un bel groove elettroacustico che caratterizza e valorizza il brano, al pari del sintetizzatore della Yamanaka. Lo stesso in Rhythm-A-Ning, con intrecci spregiudicati fra le tastiere della leader e una ritmica robusta e sofisticata. Parimenti spaesante ma altrettanto avvincente Ruby My Dear. Tutte versioni che ti trasportano altrove: si parte da Monk e poi ti ritrovi in un altro luogo, mantenendo comunque una certa familiarità col paesaggio circostante. Criss Cross non fa eccezione: sotto la patina elettroacustica emerge sì il celebre tema ma è come in “Alice nel paese delle meraviglie”, niente è come sembra, anzi spesso sembra proprio procedere all’incontrario.

 

Batteria scoppiettante e basso pulsante, con organo che pian-piano si affaccia e ricama le linee di Hackensack: altro trattamento straniante e inconsueto. Per non parlare di Abide With Me, dove è vero che viene mantenuto l’arrangiamento di Monk Thelonious, ma l’atmosfera stratosferica e spaziale che ne deriva ricorda più Mork & Mindy, quanto a singolarità e imprevedibilità. Insomma, nano-nano, più che mano-mano, finisce un album che ci ricorda quanto divertente e stimolante sia ancora oggi Monk e quanto straordinaria e stravagante sia la Yamanaka, da arrangiatrice così come da compositrice, oltre che da pianista e tastierista varia, sempre molto variegata.

 

 

Marco Maimeri

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