Pablo Corradini Quintet - Alma de Viejo (2018)

Un progetto di jazz-folk argentino, un quintetto composto dal leader al bandoneón, Marco Postacchini al sax soprano, tenore e flauto, Simone Maggio al pianoforte, Roberto Gazzani al contrabbasso e Gianluca Nanni a batteria e percussioni, che non disdegna, però, in questo debutto su Cd, di ospitare anche Javier Girotto al flauto quena su Tiempo atrás, o una sezione d’archi, costituita da Claudio Celsi ai violini, Fabio Cappella alla viola e Giuseppe Franchellucci al violoncello, sulla title-track.

Il repertorio, costituito da brani composti e arrangiati dallo stesso Corradini, si dipana attraverso un sound ricercato, capace di fondere lo spirito del jazz coi ritmi del folclore argentino, dalla zamba alla chacarera fino al tango, il tutto arricchito da fluttuanti e dialettiche improvvisazioni, giustapposte a forme compositive stringenti ma parimenti dinamiche.

Di primo acchito, non fosse altro per la partecipazione di Girotto, il rimando più immediato porterebbe a citare gli Aires Tango, suo gruppo storico, ma la presenza del bandoneón crea un tale filo diretto con Astor Piazzolla, simbolo della moderna musica argentina, che è un po’ come se entrambi i leader, Corradini e Girotto, fossero partiti dallo stesso punto, Piazzolla appunto, e poi, augurandosi buon viaggio, si fossero diretti ognuno per la sua strada, fino ad incrociarsi, per un breve o lungo tratto, al fine di condividere, almeno in parte, le proprie esperienze e la propria idea di fusione musicale.

L’album si apre con 3 de Febrero, brano sferzante e ritmato, che mette subito in mostra, e in maniera corale, le caratteristiche precipue di questo quintetto a cinque voci. La scrittura del leader si conferma illuminata e illuminante su Milonga de los Amantes, composizione calda e avvolgente, come i passionali abbracci fra gli amanti del titolo, qui evocati dai continui intrecci fra i musicisti.

La giocosa malinconia di El Tango y el Mar ci trasporta su altri lidi, cullandoci, fra l’altro, tra le braccia possenti e morbide del contrabbasso di Gazzani, mentre l’evocativa atmosfera amarcord di Tiempo atrás ci conduce indietro nel tempo, riallacciando i rapporti con un passato che, seppur non condiviso, si fa condivisibile grazie anche al raffinato e bardico flauto quena di Girotto.

Tutto va A la deriva nel successivo, impetuoso e turbinante, brano omonimo, altro bel terreno di incontro-scontro musicale fra i componenti del gruppo. Stessa cosa su Encuentros y Destinos, di nuovo una composizione veemente e tambureggiante, che si trasforma però, nella parte centrale, in una languida ballata, pervadente e avviluppante come fumo di sigaretta.

Medesima atmosfera su Apagá la Luz, in un rimando, anche qui, a un passato personale ma evocato in maniera talmente universale, quasi narrativo-cinematografica, da assumere a tratti tinte morriconiane. Sempre brillante e cristallino il piano di Maggio, serico e propositivo il bandoneón di Corradini, incisivi e corroboranti i fiati di Postacchini. Bizzoso e giocoso invece Nené, seguito dal determinato e grinzoso Grintango, entrambi sospinti e pungolati dagli spunti percussivi di Nanni, così come Último Abrazo, meno inquieto ma altrettanto passionale.

Infine Alma de Viejo, sentito e toccante brano che, ancora una volta, mette in risalto la grande eleganza e l’affiatamento di questo quintetto, per di più qui affiancato da un trio d’archi che ne amplia le possibilità espressive donandogli uno spiccato afflato orchestrale. Chissà che quest’ultimo esperimento non possa essere propedeutico a eventuali successive uscite discografiche: la penna sia compositiva sia arrangiativa del leader ne garantirebbe, in ogni caso, il successo.

Marco Maimeri

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